senigallia
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10 giugno 2009

Nell'anno 2009 domina l'Italia un individuo ridicolo e pericoloso, circondato da servi,
estraneo alla democrazia delle regole.
Non rispetta alcun limite, né di decenza morale né di legalità costituzionale. Vive
nell'abuso di potere e fa la vittima. Ciancia di libertà intendendola come arbitrio. Viene
dall'eversione piduista e punta al Quirinale. Sfrutta un'abnorme concentrazione di poteri,
inaudita in occidente, per sottrarsi alla giustizia, da ultimo con la legge Alfano, lo scudo
immunitario confezionatogli dall'avvocato di fiducia, che lo ha salvato da una condanna
in primo grado per corruzione nel processo Mills. Evitare la galera: questo era il
programma!
Insulta e minaccia giornalisti e magistrati; non tutti: solo quelli che non si lasciano
intimidire né comprare. Si droga di sondaggi. Pretende oppositori riverenti, da
demonizzare all'occorrenza. Tratta parlamento e autorità di garanzia come inutili
zavorre. Innalza a dignitari reggicoda e donnine compiacenti. Non distingue il popolo da
una platea. Plaudente, of course.
Attraverso tv e giornali manipola un'opinione pubblica mai tanto assuefatta al "ciarpame
senza pudore", mai così sprovvista di anticorpi. Ha il terrore dell'esame critico dei fatti -
dietro i fondali di cartapesta bruciano troppe verità inconfessabili! - e dunque
criminalizza il dissenso, non ammette obiezioni e domande fuori copione, nemmeno da
parte della grande stampa internazionale, Financial Times in testa, che racconta il nostro
Paese come una repubblica delle banane, prigioniera di un reality show di quart'ordine.
Nei sessant'anni di storia repubblicana nessuno aveva trascinato tanto in basso lo spirito
pubblico e la credibilità delle istituzioni.
Quest'avventura populista e autoritaria, di un gruppo di potere spudorato che vede nel
consenso elettorale la delega al comando senza controllo, sta svuotando di senso la
nostra fragile democrazia e - comunque finirà - lascerà guasti gravi, difficilmente
reversibili, anzitutto sul piano culturale. Ecco perché disgusta e spaventa.
Ma occorre scuotersi dall'indifferenza! Chi percepisce lo scandalo e avverte il pericolo ha
il dovere di mobilitarsi con rinnovata energia esprimendo a viso aperto il dissenso,
esercitando la propria rivolta morale. Che gusto c'è, in fondo, a vivere da sudditi?

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