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18 maggio 2010

Domani mercoledì 19 maggio 2010 Ore: 20.30 - 22.00
AUDITORIUM ISTITUTO SCOLASTICO CARDANO
Via: via Natta 11 - MM1 LAMPUGNANO (appena fuori il Metrò)
Milano, Italia
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Quello che presentiamo è uno spettacolo, costruito per frammenti. I testi sono versi, documenti d’archivio, brani “epici”, cultura popolare.



Ho immaginato, nello scrivere il testo, che fosse necessario offrire una lettura dei mali dell’uomo contemporaneo, degli orrori del ‘900. Ho scritto il libro durante la guerra del Kosovo, nella primavera del ’99. L’Europa, in questo ultimo mezzo secolo divenuta riferimento di pace e di speranza dopo i due terribili conflitti mondiali sollevatisi dal suo interno , aveva alle sue porte - alla fine del ‘900 - di nuovo la guerra.
Scrivendo il testo e raccogliendo alcuni “fiori” della poesia e del teatro mondiali, ho cercato di dare un contributo intellettuale per una lettura teatrale dei mali del ‘900. Ho immaginato che una figura simbolica della pace, San Francesco, quale emerge da un film di Roberto Rossellini, ritornasse sulla terra per assistere (attraverso un insieme di visioni, ossia attraverso il dono della "seconda vista" della concezione medievale) insieme a tre monaci agli orrori del ‘900.
I contenuti sono scanditi e racchiusi nei quattro titoli dei quadri: la Guerra, il Lager, la Camorra, la Pace.
Nel quadro della Guerra compaiono scene riprese da testi di Brecht, Quasimodo, Neruda e Silone. Nel quadro del Lager, incentrato sulla persecuzione ebraica (intesa come prevaricazione, intolleranza e razzismo) sono rintracciabili brani di Peter Weiss, la poesia di Joyce Lussu "Scarpette rosse" e la poesia "Se questo è un uomo" di Primo Levi. Il quadro sulla Camorra non indica soltanto la camorra napoletana, ma allude simbolicamente alla delinquenza organizzata che ormai avvolge come una piovra l’economia e spesso anche la politica mondiali. I riferimenti espliciti alla camorra napoletana (quali l’immagine della piovra, i testi della camorra classica, le regole dell’altro stato ,il giuramento di iniziazione del giovane camorrista) sono anche l’occasione per recuperare la bellezza del canto napoletano noto in tutto il mondo. È inclusa nel quadro della Camorra anche la poesia di Jacopone da Todi, nella quale è evocata la Vergine Maria che piange il Cristo morto, posta in analogia con il pianto della madre sul camorrista ucciso.
L’ultimo quadro dello spettacolo è quello della Pace, che si presenta come una apertura alla speranza. San Francesco, dopo aver assistito alle visioni delle ‘realtà da inferno dantesco’, sale sul palcoscenico e si mescola agli attori. Attraverso una canzone antimilitarista di Luigi Tenco e attraverso "La vie en rose" si giunge a mettere in evidenza un’attrice che reca in mano la colomba di Picasso, simbolo della pace estetico-figurativa dell’epoca contemporanea.
Alla fine la prospettiva della speranza e l’annuncio della pace rischiarano l’animo dello spettatore che, avendo vissuto l’orrore e la pietà nei primi tre quadri, giunge al momento della catarsi e può finalmente guardare a un nuovo secolo di pace, auguralmente fondato sui valori della tolleranza, del rispetto e della convivenza civile.
Lo spettacolo è un continuum: tra un quadro e l’altro non c’è soluzione di continuità, non c’è interruzione in atti. All’interno dei quattro quadri compaiono
immagini in diapositive (che hanno evitato di costruire suppellettili, oggetti, e hanno anche evitato di utilizzare strutture di scena). Con una scenografia decisamente "povera", nello spettacolo acquisiscono grande rilevanza sia la musica che gli attori.
Assai significativi sono i brani musicali. La canzone d’inizio è in latino: un canto pregregoriano di Hildegard von Bingen, una suora tedesca del Medioevo. Poi ci sono anche la canzone di Bertolt Brecht "La Ballata del soldato morto", uno struggente canto ebraico che introduce il quadro del Lager, una serie di canzoni napoletane caratterizzanti il quadro della Camorra (da "Era de maggio", a "Canzone ‘e sotto ‘o carcere", al "Canto delle lavandaie del Vomero"). Nell’ultimo quadro ci sono, infine, "E se ci diranno" di Luigi Tenco e la celebre canzone francese "La vie en rose".
Fra maschera e poesia, prosa e canzone, grido e gestualità, lo spettacolo è omaggio di speranza. Per chi sarà migliore, come canta Hikmet, “di chi è nato dalla terra, dal ferro e dal fuoco”.

Vincenzo Cutolo

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